E’ di pochi giorni fa la notizia che ha visto una mamma di Modena, ritrovarsi da sola con il suo bambino autistico a festeggiare il compleanno di suo figlio.
Nessuno dei genitori dei suoi piccoli compagni d’asilo aveva accettato l’invito a partecipare alla sua festa di compleanno.
Eppure, questa scena così fastidiosa l’avevo già vista nella prima puntata della serie Tv della Bbc One: “The A World- La prima stagione”.
I genitori di Joe, scoprono che tutta la classe parteciperà al compleanno di Mark – i cui genitori – hanno pensato bene di invitare alla festa tutti i bambini, tranne uno, loro figlio Joe.
L’incredulità, la rabbia, la frustrazione e l’impotenza davanti ad un’ingiustizia così assurda, porta la giovane coppia a lasciarsi andare ad un pianto irrefrenabile di disperazione e solitudine davanti a tanta ignoranza e cattiveria.
La rappresentazione dell’autismo e più in generale della disabilità intellettiva e relazionale ha bisogno di un linguaggio scientifico appropriato che favorisca la conoscenza e il rispetto della persona.
Con questa doverosa premessa – i giornalisti della Lombardia – si sono avvicinati al tema con una giornata promossa dall’Ordine professionale regionale, dal Comune di Milano – Assessorato alla Cultura – e in collaborazione con Fuoricinema srl e il Centro culturale Asteria di Milano.
Qual è la differenza tra Autismo, Sindrome di Asperger e Sindrome dell’X Fragile?
Su questo tema, non c’è la stessa visione anche da parte dei più autorevoli esperti del settore e non saremo certo noi a poter fornire una risposta che metta d’accordo tutti.
Se per Autismo e la Sindrome di Asperger ci sono diverse similitudini che portano numerosi scienziati a identificarle allo stesso modo, per la sindrome dell’X Fragile si intende una condizione genetica ereditaria che è causa di disabilità cognitiva, problemi di apprendimento e relazionali.
Vediamo quali sono i tratti salienti di una persona con autismo:
- Tendenza alla perfezione;
- Persistenza sul compito;
- Abilità di focalizzarsi sui dettagli;
- Tendenza a stare soli;
- Interesse moderato per i giudizi sociali.
“Nel 1944 il pediatra viennese Hans Asperger identificò alcuni bambini dalle caratteristiche comuni: innanzitutto, questi bambini avevano “interessi specifici”, ovvero passioni insolite, quasi ossessive, come: serbatoi d’acqua, treni, etc.
Gli autistici possono diventare dei veri e propri esperti nella loro materia d’elezione, snocciolando aspetti tecnici e dati.
La loro preparazione è alquanto strabiliante. Il Dottor Asperger notò in questi bambini una memoria e delle capacità di apprendimento eccezionali ma unite a difficoltà di concentrazione, a molte angosce. Dal punto di vista fisico hanno un’andatura e una coordinazione motoria molto goffa”.
Avere una chiave di lettura diversa su questa tipologia di disturbo dello sviluppo neurobiologico che impedisce a chi ne è affetto di interagire in maniera adeguata con le persone e con l’ambiente, diventa fondamentale: attraverso un percorso di immedesimazione e di sperimentazione diretta e attiva si prova – con fatica – a tentare di comprendere e di immedesimarsi con chi vive questa situazione di vita quotidianamente. Si tratta di un’esperienza forte, emozionante, a tratti può lacerarti ed essere devastante per il tuo stesso equilibrio psicofisico.
Roberta Sala, Psicopedagogista e Docente all’Università Cattolica di Milano, ha presentato un progetto che ha visto persone con autismo protagoniste della realizzazione di scatti fotografici, intitolato: “Guarda ciò che sento”.
Il progetto mira ad osservare le foto e analizzarle come manifestazione del quadro relativo allo Spettro Autistico.
La realtà viene vista attraverso lo sguardo fotografico delle persone con autismo.
I 7 ragazzi protagonisti – tutti di età compresa tra i 9 e i 12 anni –con una macchina digitale hanno girato per le strade di Milano fotografando aspetti, situazioni, cose e persone che catturavano la loro attenzione.
La visione di queste immagini ha un effetto spiazzante: questi ragazzi hanno fotografato tutto quello che molti di noi non penserebbero neppure lontanamente di fotografare.
Un particolare, un oggetto in lontananza, un’inquadratura originale ci fanno guardare attraverso gli occhi di questi ragazzi.
E ci si accorge che loro vedono ciò che tu non riesci neanche lontanamente ad immaginare.
Non potevo non chiedere a chi vive ogni giorno questa esperienza, il proprio punto di vista sull’autismo: ho parlato con una Madre, Francesca e con un padre, Fabio.
Giacomo ha 29 anni, è affetto da Sindrome X fragile, si è laureato brillantemente all’Università di Pisa nel Novembre del 2017, completando il percorso magistrale discutendo una tesi su: “L’incontro con l’Altro: la diversità tra mito, fiaba e realtà”.
Giacomo già nel 2014, si era laureato in Lettere Moderne, sempre all’Università di Pisa con una tesi, dal titolo: “Il male immaginato: fenomenologia e fascino del male nella Gerusalemme” discussa con il Prof. Sergio Zatti.
Di seguito la lettera che Francesca, la mamma di Giacomo mi ha inviato:
“Il vagito di un bambino è un uscio aperto su un mondo di possibilità, ma se su quell’uscio si erge il mostro che chiamiamo autismo, l’accesso a quelle possibilità sembra interamente precluso. Su tutti i sentimenti che possono agitarsi dentro di te è la paura che ha il sopravvento, paura per quel figlio che, pur ad un passo da te, appare irraggiungibile. L’istinto ti porta a desiderare di assumere su di te anche quella che immagini sia la sua paura, la sua sofferenza, ma capisci ben presto che non è la strada giusta per restituire a tuo figlio, almeno in parte, le possibilità che la vita promette, che il primo passo utile è rinunciare alla paura. È innegabile che quello in compagnia dell’autismo sia un viaggio su un terreno molto accidentato, ma se pensiamo di doverlo affrontare da soli, sbagliamo perché la prima mano che si tende in nostro aiuto è proprio quella di quel figlio, di quel bimbo che non ti guarda, che non si volta se lo chiami, che non ti corre incontro, che non si lascia abbracciare, che si impegna costantemente in un’unica attività e solo in quella… e con ogni comportamento ti lancia una richiesta di aiuto e nello stesso tempo ti indica la via affinchè tu possa darglielo. Se come genitore avevi pensato di poter essere maestro, impari ben presto che il vero maestro è lui, tuo figlio, una persona che ha diritto alla propria unicità e non un modello come molti vorrebbero farti credere. Si può sconfiggere l’autismo? Purtroppo la risposta è negativa, l’autismo non è assimilabile ad un arto mancante rimpiazzabile con una protesi, ma è un ostacolo che per alcuni aspetti può essere aggirato. Così quel figlio che qualcuno incautamente aveva definito <<senza alcuna attività di pensiero>> oggi ha conquistato una laurea magistrale in Lingua e Letteratura Italiana pur conservando tutte le proprie difficoltà. Il suo è un percorso valido per tutti? Ancora una volta la risposta è negativa, ogni persona ha il proprio percorso e quanto costi trovarlo in termini di fatica e di sofferenza deve sperimentarlo da sé ma nella consapevolezza che tale percorso esiste e questo vale anche per noi genitori che in questa ricerca costituiamo spesso l’unico aiuto nel vuoto che l’autismo crea intorno a chi l’ha incontrato”.
Di seguito, Fabio, racconta la sua esperienza con Chicco che ha 4 anni:
“È veramente molto difficile poter parlare di autismo o comunque farlo in un’unica seduta. L’autismo di un figlio lo vivi quotidianamente ed è proprio nel quotidiano che ti scontri contro tutti i problemi, le difficoltà, i traguardi ed i successi che insieme vengono affrontati. Poi le lungaggini burocratiche o meglio le lunghe liste di attesa e i pochi progetti dedicati lasciano le famiglie in totale solitudine per troppo tempo. I genitori si trovano a dover accettare una diagnosi veramente pesante che non necessariamente viene accettata anzi spesso e volentieri l’alto livello di stress porta allo scioglimento della famiglia. Scarse sono le armi o meglio le strategie per poter avvicinarsi al bambino e gli insuccessi rischiano di portare grande frustrazione nel genitore. L’amore per il proprio figlio è l’unica forza che ti consente di vivere in questa situazione è lottare contro tutto. Sino ad oggi non ho voluto confrontarmi con genitori di bambini con la medesima problematica perché ho voluto vivere mio figlio come unico esemplare speciale e cercare di scoprire il mondo insieme. L’accesso a questo progetto sperimentale mi ha messo di fronte ad altri genitori con figli autistici e, in quel contesto, ti rendi davvero conto di quanto siano diverse le caratteristiche e di quante costanti possano determinare il recupero di un soggetto. Gli operatori dovrebbero poter intervenire tempestivamente, lavorare in maniera intensiva creando una rete solida con le famiglie e soprattutto con le scuole. Anche in questo caso ci vuole una grandissima fortuna a trovare persone serie, preparate, volenterose e umane. Nel nostro caso sino ad oggi abbiamo trovato buoni professionisti e soprattutto ottime persone con valori importanti di vita che hanno aiutato Federico per portarlo a grandi risultati di autonomia. Sicuramente la collaborazione da parte sua è un grande stimolo anche per gli operatori. Motivo per il quale si tende a non mollare mai anche se è veramente molto difficile non fermarsi! Penso sia fondamentale supportare le famiglie anche a livello psicologico e permettere al bambino di avere il più possibile di stimoli positivi. Inoltre bisogna porre attenzione costante ed informare più possibile la popolazione e soprattutto fare corretta informazione riguardo ai vaccini esavalenti: troppe le “coincidenze“ di bambini cambiati a seguito dell’iniezione.
Nel progetto denominato: “Echocilia” un noto fotografo americano ha raccolto immagini che ritraggono la vita di tutti i giorni dall’età di tre anni del figlio Elijah.
Chiudo questo articolo con una frase che Timothy Archibal ha dedicato a suo figlio Elijah:
“Io non voglio che Elijah pensi di essere normale.
Voglio che lui abbia la consapevolezza di essere diverso, ma che questo non sia necessariamente un male.”
Norman di Lieto