foto tratta da Vanity Fair
Le notizie ormai sono diventate peggio dell’hamburger che mangiamo in un fast food: lo si (ap)prende, lo si mastica (amaro) e lo si dimentica presto.
Eppure c’è un ragazzo che ha perso la vita in maniera atroce non molto lontano da noi, in Egitto, a Il Cairo.
Si chiamava Giulio Regeni e, anche lui, non era un ragazzo qualsiasi.
Aveva solo 28 anni. A 17 anni era già studente nel New Mexico, per poi trasferirsi nel Regno Unito, dove era un brillante studente di Economia a Cambridge.
Ha raggiunto Il Cairo per il Dottorato di ricerca su cui stava lavorando.
Parlava l’inglese alla perfezione, lo spagnolo e l’arabo che voleva approfondire maggiormente attraverso la sua esperienza in Egitto. Grande appassionato di studi sul Medio Oriente, nel 2012 e nel 2013 aveva vinto due premi al Concorso internazionale intitolato “Europa e giovani”, promosso dall’Istituto regionale per gli Studi europei, l’Irse del Friuli Venezia Giulia.
In Egitto, nella Capitale, a Il Cairo seguiva la realtà e le attività dei sindacati indipendenti: realtà difficile, complessa e per certi versi, pericolosa.
Non è facile districarsi da studente straniero che parla perfettamente l’inglese, ma italiano di origine, tra sospetti di spionaggio e tentativi neanche tanto velati di intimidirti.
Durante una di queste riunioni sindacali, nella sede del Centro Servizi per i Lavoratori e i Sindacati, Giulio Regeni scrive un reportage piuttosto dettagliato che diventò poi un articolo scottante che fu costretto a firmare sotto forma di pseudonimo.
Segnale che già il timore di ritorsioni fosse alto nella mente di Giulio Regeni negli ultimi tempi.
Al Cairo la realtà dei sindacati indipendenti, infatti, è considerata ad alto rischio di infiltrazioni, da qui le accuse a Giulio di essere una spia dei servizi segreti al soldo di qualche nazione.
Sicuramente, tra gli altri, chi aveva interesse a conoscere i temi affrontati dai sindacati indipendenti erano nell’ordine: il regime egiziano, i Fratelli musulmani, il partito religioso e i servizi segreti egiziani e non solo.
Le varie primavere arabe che hanno visto la spinta verso democrazie più “occidentali” e partecipate rimangono tuttora, per certi versi, molto fragili.
E il regime egiziano non vedeva di buon grado la realtà dei sindacati indipendenti, proprio quelli di cui Giulio si era appassionato e che voleva studiare da vicino per il suo Dottorato di ricerca.
La sua fine, atroce e senza un colpevole, lascia senza fiato.
Per le sue ricerche è stato barbaramente torturato prima di essere assassinato.
In attesa di risposte, una sola voce deve alzarsi: “Verità per Giulio” e non dimentichiamolo facendo nostro l’appello di sua sorella che chiede ad ognuno di noi di condividere, mostrare foto di questo ragazzo che è stato ucciso per aver cercato la verità, raccontandola sul campo.
Chiudo con le parole toccanti di sua madre che raccontano questo straordinario ragazzo di 28 anni che rappresentava la nostra: “Meglio gioventù”.
“Grazie Giulio, per avermi insegnato tante cose. Resta nel mio cuore l’ energia del tuo pensiero. Il tuo pensiero, per amare, comprendere, costruire tolleranza. Con affetto, la mamma.”
E a distanza di due anni dal tuo post (Bravo!) la mamma di Giulio – Paola Deffendi – è in sciopero della fame: la verità sull’assassinio barbaro di suo figlio è purtroppo ancora lontana e chi la cerca viene a sua volta arrestato/a…
Buongiorno! E’ proprio vero una verità che tarda ad arrivare, come se si trovasse su di una vetta assai difficile da raggiungere perché scivolosa…