Elogio del trasformismo ( e scusate il ritardo ma sono stato un po’ impicciato…)

Mi ha colpito molto la scomparsa di Giorgio Faletti.

Non tanto perché avessi letto tutti i suoi libri ( in realtà neanche uno ) ma perché mi affascinava molto il percorso di vita che aveva caratterizzato la sua esistenza.

Qualcuno in questi giorni, anche davanti alla scomparsa dell’artista, non aveva esitato a qualche commento laconico in cui lo ricordava più per il suo personaggio Vito Catozzo nel famoso programma “Drive In”piuttosto che come scrittore affermato.

Eppure, lui era riuscito a cambiare vita. E non una volta sola.

Il ruolo ( perfetto ) da caratterista gli andava stretto e andò addirittura a gareggiare a Sanremo nel 1994 con quel: “Signor Tenente” che lo fece arrivare secondo, in quegli anni ancora sotto choc per gli assassini di Falcone e Borsellino, gli attentati del 1993 a Milano e Firenze e con un testo da brividi che raccontava le ansie, le paure e le frustrazioni di un agente di polizia costretto a: “Farsi ammazzare per poco più di 2 milioni al mese, minchia signor Tenente”.

Quel brano arrivò secondo ( primo si classificò: “Passerà” di Aleandro Baldi ) e vinse meritatamente il Premio della critica.

Già questo primo passaggio è formidabile, passare dal cabaret alle serate al Derby di Milano per poi ottenere successo come comico arrivando a Drive-In con la guardia giurata Vito Catozzo fino a sfidare completamente la sorte e se stessi reinventandosi completamente salendo sul Palco dell’Ariston, arrivando secondo con un testo di rara semplicità ed efficacia.

Ma Faletti era davvero un grande trasformista.

Amava scrivere e il suo romanzo d’esordio: “Io uccido” ha venduto 4 milioni di copie.

Eccola la seconda trasformazione di Faletti, o il suo passaggio finale, verso una definitiva consacrazione dopo aver attraversato sentieri e percorsi differenti.

Per questo con la sua scomparsa, nella malattia che lo ha colpito,  l’ultimo trasformismo non è stato possibile, non gli è riuscito e non ci è stato concesso di poterlo vedere coi nostri occhi.

Ma rimane tutta la mia ammirazione non per il comico, non per il cantautore durante quel Sanremo del 1994 e neppure per la sua lunga lista di romanzi che ha firmato come scrittore, ma per la sua straordinaria capacità di trasformarsi in qualcosa di diverso.

‘A volte, la fatica cancella tutto e non concede la possibilità di capire l’unico modo valido di seguire la ragione è abbandonarsi a una corsa sfrenata sul cammino della follia. Tutto intorno è un continuo inseguirsi di facce e ombre e voci, persone che non si pongono nemmeno la domanda e accettano passivamente una vita senza risposte per la noia o il dolore del viaggio, accontentandosi di spedire qualche stupida cartolina ogni tanto”. Giorgio Faletti – Io uccido – 2002
   

 

 

Pubblicità

Ora ed ancora



Pubblichiamo un articolo della blogger Elena Mazzali.

Nella serata di Domenica 4 Marzo, l’Unipol Arena ha ospitato la settantesima ed inaspettata tappa dell’Ora Tour.

Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, assieme alla sua band e a tutto il suo staff, ha realizzato uno spettacolo mozzafiato, pieno di emozioni e di un’energia che solo lui riesce a trasmettere: infatti un concerto tira l’altro!

Dopo il rinvio, causa del maltempo, a Bologna è stata realizzata l’ultima tappa prima della partenza per gli USA: Miami, Los Angeles, Austin e New York ospiteranno la straordinaria festa che Lorenzo ha preparato e già realizzato per tutti i fans italiani.

Il concerto inizia puntualmente e con un “piccolo show” dei 5 addetti alle luci: tutto il pubblico era con il naso all’insù, forse stupito e in fermento, per ciò che avrebbe vissuto da lì a pochi minuti, o forse per quanto accaduto a Francesco Pinna. Per altro il concerto è stato un modo per omaggiare questo ragazzo, come espressamente comunicato durante quei momenti di dialogo fra il cantante ed il pubblico.

Lo sa, soprattutto chi ha pagato il biglietto, Lorenzo non è il classico frontman che canta solamente ma, interagisce con i fan in grande stile: sul palco balla, salta, corre insomma non si ferma, le luci delle sue scarpe glitterate giocano insieme agli effetti speciali ed ai visual. Lo schermo trasmette tutto ciò che accade sul palco che, per altro, riporta una protuberanza articolata fino a metà, di quella che tecnicamente è chiamata la zona “prato” o “parterre”.

Si abbassano le luci, ecco che Piero Angela introduce il viaggio a bordo della navicella spaziale “Ora Tour”: numerosi i mash up fra canzoni storiche e più recenti, tanti i brani cantati ed estratti dal nuovo album (che da il nome al tour), ma diversi sono anche quelli provenienti dall’ album “Safari”. Megamix, Mezzogiorno, Tutto l’amore che ho, La notte dei desideri, Bella, L’ombelico del mondo, Il più grande spettacolo dopo il big bang sono solamente alcune delle canzoni presenti nella scaletta scritta per la data bolognese.

In quest’ultima tappa non è mancata una parte acustica, caratterizzata da una significativa interazione cantante-fan. Proprio in questo momento, Jovanotti commemora la scomparsa del Grande Maestro Lucio Dalla cantando “L’anno che verrà”, seguito dagli applausi di tutta l’arena che, nel migliore dei modi, conclude con un corale “Ciao Lucio”. Come sempre, a testimonianza del grande affetto di cui gode questo artista, una tribuna delle grandi occasioni: Claudio Cecchetto, Cesare Cremonini, Luca Carboni , Francesco Renga, sono solo alcuni dei personaggi che hanno voluto essere presenti.

Il circo, come lo stesso cantante l’ha definito, ti prende, ti smuove dentro, ti carica talmente tanto che alla fine ne senti la mancanza. Ora gli americani possono godersi la grande festa rappresentata dall’Ora tour ma, per fortuna, a noi rimangono i ricordi e questo video..

“come state, come ve la passate.. ci riuscite voi a rinunciare alle cose che vi preoccupano l’entusiamo? Ci riuscite? è quello il lavoro, giornalmente no?!,perché se uno va a vedere le cose che preoccupano c’è ne sono un casino, forse la maggioranza, però poi c’è l’entusiasmo.. [..]

Perché siamo in un posto che ha un sacco di anni, si celebra i 150 anni della storia d’Italia, un posto bellissimo..  importantissimo però l’evoluzione c’ha fornito degli occhi che, non c’è li ha messi dietro, c’è li ha messi davanti.. ci sarà un motivo, no? Se no ci avrebbe messo anche due occhi dietro quindi l’evoluzione ha fornito all’essere umano degli occhi davanti perché si guardi avanti.. perché è quello che sta davanti che dobbiamo costruire […] il nostro tempo è adesso.. ora.. tre lettere O – R – A- .. ci giochiamo tutto adesso, godetevi la vita ragazzi.. noi ci giochiamo tutto ORA!”

twitter@elenamazzali

Italia – Francia, sul cinema i cugini ci battono

La Copertina di D de La Repubblica di sabato 10 marzo 2012

Mi chiedevo come mai non riusciamo a livello di cinema italiano, a fare un film con poco budget ma che possa essere ricordato dagli spettatori.

Per esempio, potrei come “appassionato” di cinema seguire tutti i film italiani che dovessero uscire nell’arco di un anno e, credo, che difficilmente mi ricorderei di qualcuno.

A parte, il regista turco, trapiantato in Italia, Ferzan Ozpetek, pochi registi italiani riescono nell’intento di spendere poco per produrre un film e farlo ricordare per molto.

A mio avviso in Francia ci riescono molto meglio di noi.

L’esempio è la commedia “Emotivi anonimi”, film dello scorso anno, produzione francese che sarà costata davvero molto poco, ma che con un’idea esilarante, diversa, originale ti fa sorridere e commuovere, lasciandoti una sensazione di purezza e leggerezza che pochi nostri film riescono a lasciarci.

Ora, sempre made in France, è nelle sale “Quasi amici”, commedia sull’amicizia quasi impossibile, tra un giovane di colore disoccupato che accetta di accudire un milionario paraplegico con tutte le difficoltà del caso.

Perché noi italiani nei cinema non riusciamo a vedere più nulla di made in Italy di originale e che ci comunichi qualcosa, a parte i soliti stereotipi?

Attendiamo risposte che, come sempre, non arriveranno.

twitter@normandilieto