Copia incolla Boys

Chi è esattamente l’esemplare “copia e incolla” ?

Se non ne conoscete ancora, vi prego state attenti, questi “replicanti” si appropriano di tutto: opere, pensieri, lettere e testamenti.

Io li chiamo i “Copia ed incolla” sono quelli che non hanno avuto esperienze di vita in prima persona, ma che vivendo per “osmosi” quelle degli altri se ne impossessano diventandone i protagonisti.

Hanno una capacità di appropriarsi in maniera indebita delle cose altrui (e qui siamo da codice penale), in effetti si tratta di una dote non comune, infatti, non tutti sono in grado di ascoltare e recepire tutto ciò che viene loro detto per poi appropriarsene senza merito alcuno, se non in quello di riuscire a spacciare per propria, una frase, una ricetta o, magari, anche una citazione.

E’ come se fossero tra di noi sempre, strane presenze, che messi in un angolino durante tutta la serata ed essendo creature senza arte ne parte, decidono di trascorrere la serata in vostra compagnia, ascoltando e assorbendo come un panno asciuga qualsiasi cosa voi diciate.

Poi, lo stesso personaggio, lo potrete trovare in qualche altra serata a cercare di decantare “doti” non proprie, come una tecnica particolare, una vacanza mai fatta in un luogo mai visto e con delle persone mai conosciute.

Ma il vero fuoriclasse di questa categoria è quello che riesce in un attimo a farti credere di aver fatto davvero tutte queste cose come se fossero realmente accadute.

Attenzione, da questi personaggi ci si difende in un solo modo: non dandogli in pasto nulla.

Come li si riconosce?

Bisogna avere la fortuna di incontrarli diverse volte in posti differenti, potrete notare come i loro comportamenti cambino radicalmente: durante i primi incontri li scambierete per una pianta ornamentale del soggiorno e nei successivi appuntamenti mondani, dopo aver imparato la lezione, diverranno incredibilmente i più grandi “viveur” di tutti i tempi.

Prestate maggiore attenzione ai vostri racconti, alle vostre ricette e alle vostre esperienze personali, i “copia incolla boys” sono sempre in agguato.

E potreste ritrovarvi un estraneo, per esempio, arrivare a declamare la bontà divina di una ricetta inventata da voi, dandone però il merito a quella persona tanto a modo, che ha conosciuto per caso una sera non sa quando, ad una festa non sa dove.

E poi, vorrei essere proprio presente in quel momento per vedere la vostra faccia e immortalarla come un “paparazzo”.

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Chi fa delle domande è sciocco per 2 minuti, chi non le fa lo è per tutta la vita.

In questi ultimi anni tra la razza umana tende ad aumentare un fenomeno preoccupante rappresentato dalle persone che non ammettono mai, neanche sotto tortura, di non sapere qualcosa.

“Chi fa delle domande è sciocco per 2 minuti, chi non le fa lo è per tutta la vita”.

Partirei proprio da questa citazione per comprendere come oggi le persone abbiano il terrore di ammettere di non sapere qualcosa. Vi sarà capitato di incontrare il personaggio che si nasconde negli uffici, al bar o nei posti che solitamente frequentiamo e che, qualsiasi cosa si affermi, lui la sa.

O peggio, la sa meglio di te e di tutti i presenti alla discussione.

“Tu non puoi capire”, “certo che so di che cosa si tratta” e via discorrendo.

Oggi nella società dove tutti sanno un po’ di tutto, dove internet e il motore di ricerca di google ti consentono di avere una risposta entro 5 secondi, non puoi proprio permetterti di dire che non sai di che cosa si stia parlando.

Rimpiango i tempi quando molte persone non sapendo qualcosa, facevano umilmente ammenda di non conoscere ciò di cui si stava parlando ed erano pronti ad ascoltare con attenzione ed umiltà chiunque ne sapesse, a ragione, più di lui sull’argomento: e dall’altra parte gli altri dopo aver ascoltato con attenzione e rispetto ( ah questo sconosciuto ) anticipavano una discussione sul tema facendo domande, chiedendo, informandosi per conoscere ciò che non si sapeva.

Ma ciò che mi piaceva ancora di più è che esistevano le contaminazioni: se uno era appassionato di jazz poteva illustrare agli altri quali fossero i migliori performers del passato e del presente, passando poi da “oracolo” su quel tema specifico, a semplice ascoltatore su di un argomento differente, dove era molto più ferrato lo stesso individuo che prima ascoltava con attenzione ciò che l’altro aveva da dire sul jazz. Erano vere e proprie contaminazioni, di persone, di conoscenze e di esperienze personali.

Ci si ascoltava per il piacere di “ascoltarsi” per poi argomentare senza essere interrotti o peggio, bloccati sul nascere, perché l’altro non aveva neppure bisogno che il racconto iniziasse perché già a conoscenza dell’argomento.

Di “tuttologi” oggi il nostro Paese ne è pieno, ma di persone che hanno qualcosa da dire su un tema specifico sentiamo terribilmente la mancanza. Il vero problema è che non ci sono più persone disposte ad ascoltare, ammettendo di non conoscere, o conoscere meno, ciò che un  interlocutore, più preparato di noi, vorrebbe spiegarci.

E questa logica, da parte di molti di voler far credere di conoscere tutto, senza poi conoscere davvero a fondo quasi nulla, è lo specchio della crisi che attraversa il nostro Paese.

“Chi fa delle domande è sciocco per 2 minuti, chi non le fa lo è per tutta la vita”.

Omologazione.

Dovremmo partire da una considerazione all’apparenza banale, ma che analizzata in maniera più approfondita, potrebbe sollevare in noi non pochi interrogativi.

Noto, con sincero disappunto, che in questi ultimi anni, sono venuti a mancare i così detti “Personaggi”, ovvero quelle figure che con la loro personalità e il loro carisma si contraddistinguevano per doti non comuni, diverse ed originali, in ogni ambito della società.

La mediocrità di questi ultimi anni li ha pian piano annientati, soffocati, repressi, volutamente messi in disparte.

Questo non vale solo per i personaggi, per esempio, dello sport e dello spettacolo, ma anche per le persone comuni, sempre più uguali a se stesse: stesso abbigliamento, stesso linguaggio, stesso modo di comportarsi, stessa paura di essere considerati “diversi” e quindi, di essere messi in disparte.

E’ il risultato dell’omologazione, il cui significato secondo il Dizionario italiano è il seguente: “Uniformazione, adeguamento a un modello prevalente”.

Roberto Benigni in uno dei suoi spettacoli “TuttoDante” in Piazza Santa Croce a Firenze, continuava a ripetere di come nel capolavoro della Divina Commedia venisse esaltata l’unicità di ogni essere umano: ognuno di noi è unico, diverso dall’altro.

Eppure oggi, la società contemporanea detta le linee per una continua omologazione, per l’essere identificabile in una categoria sociale, in un gruppo ben definito.

In una società moderna così concepita non si va molto lontano.

O peggio, chi va molto lontano sono coloro che hanno sposato appieno questo “modus operandi”, gli omologati, termine che secondo il Dizionario italiano, significa : “Rendersi simili, omogenei ad altri, cancellando le differenze. Rendersi conforme a un modello”.

E così gli omologati, figli della società dell’omologazione sono quei personaggi che, spesso, non hanno nulla da dire, ma facendo parte dello “status quo” contemporaneo hanno il diritto di dire la loro, di partecipare attivamente alle decisioni strategiche di un Paese, di un’impresa: sono la nuova classe dirigente, i nuovi miracolati.

Sono stati scelti spesso, se non quasi sempre, senza criteri oggettivi e misurabili.

Non esiste né trasparenza, né merito.

Sono solo decisioni piovute dall’alto senza un effettivo controllo e senza porsi gli opportuni interrogativi sul perché la scelta sia ricaduta proprio su quella persona e non su altre ben più meritevoli.

Persone che si ritrovano al comando senza sapere bene il perché e altre che, loro malgrado, ne accettano passivamente la leadership ( anche sulla scelta passiva dei “sottoposti” di accettare qualunque decisione merita un approfondimento che farò in un prossimo post ).

Ma in realtà, la leadership non dovrebbe essere decisa a tavolino da qualche capetto: la leadership è innata, o ce l’hai o non ce l’hai.

E, spesso, il leader lo è solo sulla carta, ma non nella sostanza, perché proprio lo stesso gruppo che dovrebbe guidare e comandare, non lo riconosce.

E perché?

Perché é omologato.

Afferma Francesco Alberoni: “Il Capo non è colui che ha la titolarità del comando. Il Capo è colui che crea.”

In una società dell’omologazione possono esserci capi creativi?

O, seriamente, rischiamo una classe dirigente che ha unicamente la titolarità del comando, ma che essendo poco creativa verrà dimenticata presto, oppure, ricordata a lungo per aver contribuito attivamente alla decadenza della società contemporanea.