L’Aquila, per non lasciarli soli.

Il terremoto del 2009 a L’Aquila aveva portato una solidarietà sia a livello nazionale che a livello internazionale consentendo anche con la mossa dell’allora Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, di organizzare il G8: memorabile la presenza di Barack Obama tra le macerie della città abruzzese.

Arrivarono, come sempre, tante promesse.

Dopo 4 anni che cosa succede oggi nella Città ferita dal terremoto?

E’ stato il Financial Times a farsi queste domande e a fare riaccendere i riflettori su una Città fantasma e abbandonata a se stessa dallo Stato.

Il Sindaco dell’Aquila Massimo Cialente è consapevole di come l’Aquila rischi di morire lentamente giorno dopo giorno.

E su come la burocrazia e le mancanze di risposte da parte delle istituzioni siano colpevoli della situazione di degrado e abbandono in cui si trova in questo momento l’Aquila.

Bisogna tornare ad accendere i riflettori, come 4 anni fa, pena la morte inesorabile di questa bellissima Città.

Lo dobbiamo agli abitanti dell’Aquila, che ci hanno insegnato da 4 anni a questa parte il valore immenso della dignità di questi abitanti.

“Lasciateci morire in pace” afferma il Sindaco Massimo Cialente, vittima della paralisi economica e politica dell’Italia di oggi.

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Pesare le parole

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Non mi piace il clima che stiamo vivendo da troppo tempo in Italia.

La gente è arrabbiata, ci sono troppi invisibili che non riescono a farsi vedere, a far sentire le proprie ragioni, le proprie richieste ad una classe politica che, spesso, è stata assente e non ha saputo o, peggio, voluto, rispondere alle richieste dei suoi cittadini.

Il gesto di quell’uomo che davanti a Palazzo Chigi ferisce due carabinieri nella giornata di domenica 28 aprile sarà ricordata per tanti aspetti.

Ma anche la disperazione non può mai essere giustificata quando si utilizza la violenza o, peggio, si colpiscono altri uomini a colpi di pistola.

Qui i tuoi motivi non mi interessano più, nel momento in cui hai deliberatamente deciso di passare alla violenza.

Con questo però non cambio il mio parere su questa indegna classe politica che, da troppo tempo, è sorda ed impermeabile a ciò che accade nel nostro Paese e nelle case di troppi italiani in difficoltà.

E quando i cittadini non hanno più fiducia nella politica e nei loro storici rappresentanti, significa che non si è lavorato bene. Per niente.

Sono colpevoli e di molto, di una situazione con cui convivono facendo finta di niente da troppi anni.

Non credo basti un Governo di larghe intese per far ripartire e rinascere l’Italia.

Occorre da ognuno di noi, una spinta propulsiva per cambiare le cose, attraverso proposte concrete, voglia di mettersi in gioco e migliorare le cose in maniera concreta, cambiando anche una mentalità che spesso, troppo spesso, sa di provinciale.

E poi quando si parlerà di merito e competenza in questo Paese, in ogni settore anche quello considerato più banale?

Bisogna sempre conoscere qualcuno?

Non voglio essere disfattista e sono stufo che all’estero siamo sempre più un misto tra barzelletta e fenomeno da baraccone e, come Gaber cantava:“Ma forse noi italiani per gli altri siam solo spaghetti e mandolini…Allora qui mi incazzo son fiero e me ne vanto, gli sbatto sulla faccia cos’è il Rinascimento!, Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono!”

Il Califfo. Salernitano di origine, romano di adozione, interista per passione.

califfo

Franco Califano ci ha lasciato raccontandoci come sia difficile per un artista poter rimanere durante la propria vita sempre fedeli a se stessi.

E, per farlo, la strada è una sola: sacrificio, sofferenza e tanta solitudine.

Nonostante i tanti flirt, Franco Califano in una delle ultime interviste raccontava proprio di come non fosse affatto facile la vita dell’artista.

La luce dei riflettori, la notorietà e, tutto ad un tratto, anche per un artista come lui, l’oblio.

Fu Fiorello a far riscoprire il “CALIFFO” al pubblico, sempre più volubile nella scelta dei propri beniamini, con il rischio sempre dietro l’angolo di poter finire nel dimenticatoio in pochissimo tempo, con un pubblico che dopo averti osannato, decide di scordarsi di te.

Tante le canzoni indimenticabili.

Tra tutte, il testo di Minuetto, interpretata e resa famosa da Mia Martini.

Una sfida vinta dal Califfo, unico artista che era riuscito a differenza di molti che lo avevano proceduto a creare un testo indimenticabile.

Ciao Califfo e forza Inter!