I numeri pazzeschi di Hermès e il ‘caso’ Nicolas Puech

Se c’è un marchio nel mondo della moda e del Lusso che colpisce, da sempre, l’immaginario collettivo quello è senz’altro Hermès: senza per forza essere economisti o esperti di finanza in molti sappiamo come la Redditività operativa sia uno degli elementi cui si guarda con maggiore attenzione e, sotto questo aspetto, il brand francese nel 2023 ha raggiunto il massimo storico del 42,1%, rispetto al 40,5% del 2022.

E ancora:

Hermès ha chiuso il 2023 con 13,43 miliardi di euro di fatturato, +21% a cambi costanti e +16% a cambi correnti rispetto al 2022.

Senza contare che, nella crisi generalizzata nel mondo del lusso, nel 2024, la stessa Hermès ha fatto registrare ricavi pari a 3,8 miliardi di Euro (+17%).

La stessa griffe francese nata nel 1837 dal fondatore Thierry è unica nel suo genere nel panorama del lusso: immune fino ad ora, ad ogni tentativo di ‘scalata’ soprattutto da parte del gruppo Lvmh guidato da Arnault e che, comunque, detiene un residuale 1,87% ha sempre ‘messo in sicurezza’ il brand anche grazie alla Holding familiare H51 che detiene il 66,7%.

C’è anche un significativo 5% in possesso del discendente della famiglia Hermès, Nicolas Puech che – a 81 anni – avrebbe fatto sapere come la sua intenzione di lasciare la propria parte di eredità sia cambiata: se nel 2011 aveva deciso per cedere la sua parte alla fondazione Isocrate (mettendo in sicurezza la sua partecipazione azionaria); dal dicembre del 2023, l’uomo avrebbe espresso la volontà di lasciare la sua quota al proprio maggiordomo marocchino di 51 anni cui lo lega un rapporto professionale ed umano che si protrae da tempo.

Che cosa succederà con l’azzardo della quota di Puech regalata al suo maggiordomo?

Qualsiasi cosa succeda, possiamo ‘scommettere’ che le vendite di Hermès andranno bene comunque.

E questa non dovrebbe essere una previsione azzardata.

28 Maggio: da Piazza della Loggia a Walter Tobagi

Non sarà mai una data qualunque, il 28 maggio.

Oggi, si celebra il cinquantesimo anniversario della strage di Piazza della Loggia a Brescia.

Quella mattina, durante una manifestazione contro il terrorismo neofascista e in difesa della democrazia, una bomba nascosta in un cestino provocò la morte di 8 persone ferendone 102.

Fu solo nel 2015, oltre 40 anni dopo l’attentato, che la Corte di Cassazione italiana confermò le condanne all’ergastolo per Carlo Maria Maggi, dirigente del gruppo neofascista Ordine Nuovo, e Maurizio Tramonte, un informatore dei servizi segreti.

Le condanne hanno finalmente riconosciuto ufficialmente il coinvolgimento dell’estrema destra nell’attentato.

Da domani e dal prossimo 18 giugno si svolgeranno, rispettivamente, il 17mo e il 18mo processo sulla strage con gli imputati Marco Toffaloni e Roberto Zorzi nell’assise presieduta da Roberto Spanò.

Entrambi sono accusati di aver materialmente depositato la bomba assassina nel cestino dei rifiuti che saltò per aria nel cuore di Brescia.

Sull’edizione bresciana del Corriere della Sera di oggi si racconta di come il sindacalista della Cisl (in piazza anche oggi nonostante l’età e i problemi di salute), Franco Castrezzati mentre stava parlando dal palco durante la manifestazione antifascista venne interrotto dalla bomba.

Per il 98esimo compleanno di Castrezzati, la sua famiglia ha realizzato un video in cui completa il suo discorso, mezzo secolo dopo, grazie al ritrovamento del manoscritto originale di 33 pagine.

Eccolo:

«Democrazia e libertà non sono una conquista definitiva e irreversibile. Dobbiamo tonificare i nostri propositi, temprare le nostre volontà, rinvigorire il nostro impegno antifascista.

Se vogliamo assestare un colpo salutare ai rigurgiti fascisti, diamo un volto più preciso a questa nostra democrazia: diamole il volto della libertà, ma di una libertà sostanziale e non solo formale, della libertà dal bisogno, della libertà di stampa, diamole il volto della partecipazione, di un governo cioè nel quale il popolo si vede, si spec- chia e si sente rappresentato. Diamole il volto della giustizia attraverso la quale l’egua- glianza fra tutti i cittadini sia esaltata in coerenza con i valori di dignità della persona umana».

Oggi, sul quotidiano: “La Repubblica” c’è anche un articolo a firma di Benedetta Tobagi, la giornalista figlia di Walter che, sempre il 28 maggio ma del 1980, venne ucciso sotto casa sua a Milano da un commando delle brigate rosse.

Walter Tobagi aveva solo 33 anni ed era giornalista di punta del Corriere della Sera e presidente dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti.

28 maggio, per non dimenticare.