Lo sposo di ripiego che ha ripagato con gli interessi (e qualche cedola mancata)

È arrivato in punta di piedi, accettando quello che Antonio Conte non aveva voluto neppure prendere in considerazione: budget ridotto, vendite di pezzi pregiati e provare a farcela con parametri zero over 30.

Lui, aziendalista convinto sin dai tempi delle giovanili della Lazio, quando era pronto ad andare alla Salernitana (come la Lazio all’epoca di proprietà di Lotito) per poi tornare a Roma e firmare come allenatore della prima squadra dei biancocelesti visto il dietro-front clamoroso di Bielsa.

“Obbedisco” e lavoro col materiale che ho, però voglio Acerbi, per esempio, che Zhang non voleva prendergli, salvo poi accettare quasi al gong finale di mercato.

Diciamolo con Inzaghi il bicchiere è mezzo pieno: al netto, mancherebbero gli scudetti vinti da Milan di Pioli e Napoli di Conte, così come quella supercoppa sempre regalata ai cugini rossoneri che ballavano tra i fumi del sigaro di Conceicao che poi befferà l’Inter anche in semifinale di Coppa Italia. Però, lo scudetto della seconda stella e due finali di Champions League in 3 anni non erano scontate, con queste rose un po’ da ex proletari che provano a diventare borghesi, messe a disposizione dell’allenatore piacentino, che ha fatto saltar fuori altri 5 trofei: due Coppe Italia (2022 e 2023) e tre Supercoppe Italiane (2022, 2023 e  2024) che lo hanno reso il più vincente di sempre nella storia della  competizione.

Ora si volta pagina, anche se le similitudini con la Juve di Allegri a fine ciclo ci sono tutte: due finali perse di Champions nel 2015 e nel 2017 (che poi vinse ancora 3 scudetti di fila, l’ultimo con Sarri nel 2020). Poi il declino, per fare spazio ad altri. Succederà anche all’Inter? Lo scopriremo solo vivendo.

Intanto grazie ad un allenatore educato, garbato che non dice mai una parola fuori posto. Forse, di questi tempi, anche la troppa ‘creanza’ stona.

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