Marwa Morgan’s Picture from Flickr.com
Se è vero che oggi vale il motto: “Largo ai giovani” e, che, allo stesso tempo, la generazione che ci ha preceduto essenzialmente la si vuole pensionare intorno ai 70 anni o poco più, qualcosa ci pare che non torni, dato l’oggettiva e difficile convivenza fra le nuove leve e quelli della cosiddetta vecchia guardia.
Ma in realtà, il nostro punto di vista è completamente opposto, facendo magari l’Avvocato del Diavolo, in questa querelle che sta diventando oltre che banale francamente improduttiva, con Presidente del Consiglio e Ministri vari che devono bacchettare i giovani sostituendosi forse alla cronica mancanza da parte di chi dovebbe farlo, ovvero i genitori?
Tutto è dovuto, mio figlio è il più bravo e il più bello, intelligente sopra la media e prossimo Premio Nobel.
Questa mancanza pedagogica ha creato “mostri” e vuoti difficili da colmare e quindi, prima domanda: davvero i giovani sono migliori della generazione che li ha preceduti?
Forse è vero che i “diversamente giovani” ( chiamiamoli anche così dai ), hanno incontrato davanti a sé indubbie opportunità, professionali, di successo maggiori delle nostre ( anche qui, quale sarebbe l’unità di misura ottimale per rendere vera questa affermazione ? ), ma questo non vuol dire che poi, oltre che fortunati, non siano stati bravi nel cogliere le occasioni che hanno avuto.
Lo diciamo con la ferma convinzione che, troppo spesso, si butta via con troppa superficialità, le storie umane e professionali di chi ancora sul campo può dire la sua, contrariamente a quanto avviene oggi, dove tutto ciò che non è giovane è out e quasi ci si vergogni a confrontarsi e a misurarsi con chi ci ha preceduto nella vita di tutti i giorni come nella professione.
Crediamo ci sia ancora bisogno della giusta sinergia tra chi è giovane e chi non lo è più, per insegnare alle nuove leve, ciò che ha sempre fatto: sfornando idee, entusiasmo o capacità professionali ancora uniche nel suo settore e, che potrebbero bagnare il naso, e di molto, a diversi giovani.
Non comprendiamo questa miopia generazionale di parlare un linguaggio monotematico solo con coetanei o affini, escludendo a priori chi, ancora oggi, può insegnarci moltissimo.
Forse, un bagno di umiltà non farebbe male a nessuno, o no?
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