Eterni apprendisti

Questa è la storia di un giovane che a 30 anni ha deciso dopo varie esperienze all’estero, di tornare in Italia.

Oggi invece, tanti come lui, fanno il percorso inverso, dall’Italia che non offre più nulla, verso nuove destinazioni estere, alla ricerca spasmodica di un lavoro e uno stipendio degni di questo nome.

Stefano a 18 anni ha lasciato l’Italia deciso a vivere un’esperienza di vita e di lavoro in Scozia e  in Australia.

Gli anni trascorsi prima a Glasgow e poi a Sidney sono stati entusiasmanti, divertenti e pieni di vita: lavoro e divertimento, guadagni e capacità di risparmio notevoli, impensabili nel nostro Paese.

“Sono stati 10 anni favolosi che non dimenticherò mai” afferma Stefano e continua: “Avrei potuto rimanere ancora un anno in Australia fino al compimento dei 30 anni, ma ho preferito tornare dalla mia ragazza cui era scaduto il visto turistico”.

L’arrivo in Italia però, ha portato a Stefano brutte sorprese.

“Prima di tutto la difficoltà a trovare un impiego e, non ultimo, il tentativo continuo, da parte dei datori di lavoro, di non voler riconoscere in alcun modo gli anni di esperienza svolti all’estero, sono stati davvero un grande problema”.

L’onda lunga della crisi Stefano la sta vivendo solo ora, dopo che l’Australia sembrava così lontana, non solo dal punto di vista geografico ma anche da quello relativo alla crisi economico-finanziaria.

“E’ stato traumatico dover accettare stipendi miseri e con contratti di apprendistato come se i 10 anni di esperienza in questo mestiere e per di più effettuati all’estero, non contassero nulla”.

Stefano a 30 anni non arriva a guadagnare neanche 900€ al mese e facendo il cameriere di sala in un grande ristorante di Milano ha dovuto accettare il contratto di apprendista.

“Con tutto il rispetto per colleghi più anziani di me, non credo di dover apprendere come un ragazzo di 18 anni che inizia adesso a fare questo mestiere, sono certo che 10 anni di esperienza professionale continua, misurandomi anche con realtà estere, differenti per cultura dalla nostra, mi hanno insegnato tantissimo:  non posso essere messo sullo stesso livello di un ragazzo che inizia oggi questo mestiere”.

Perché in Italia ci chiediamo, una persona deve partire sempre daccapo ?

Sembra il Paese degli “Eterni apprendisti”.

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3 pensieri riguardo “Eterni apprendisti

  1. Con tutta la comprensione e il rispetto possibili…
    Forse il giovane non riesce, oggi, a presentarsi “bene”.Ciò non toglie una cosa anzi un atteggiamento: il vecchio teme il nuovo e il diverso e DEVE sempre metterti alla prova come se “hai superato la prova, allora vai bene!”
    Di mio ritengo che lavorare all’ estero sia una sfida di per se come il lavorare e studiare.. E se invertissimo le posizioni?

    1. Elena, io semplicemente credo, che in Italia manchi la cultura del “lavoro” e con questo intendo un concetto universale, a 360 gradi.
      Dalla voglia di darsi da fare dei giovani, a chi invece dovrebbe fargli da guida, dal desiderio di imparare davvero e dalla voglia di chi ti insegna, di farti crescere davvero in un contesto professionale.
      Se poi vai solo un po’ più al di fuori dei confini nazionali, l’esperienza viene riconosciuta, e, elemento non secondario a mio modo di vedere, ben pagata. E mi sembra sacrosanto.
      E’ sul concetto di pagare che in Italia abbiamo qualche problema: pagare le tasse, pagare le fatture, pagare i fornitori, pagare i propri collaboratori.
      E’ una cultura da “furbetti” italiani che all’estero, giustamente, ci contestano.
      E se fosse solo questo il motivo del contendere tra noi e gli “altri, ne sarei anche felice, in realtà l’elenco risulterebbe molto più lungo e poco edificante per noi.

      1. Di certo la cultura del più furbo non manca qui, sicuramente oltre confine si respira un’ aria diversa.. Ma è pure vero che un commento non basta! 😉

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