Da Parigi parlo col mondo.

Non è come le barzellette c’è un italiano, un francese, un inglese, un tedesco e un belga.

Anche se in realtà il quadro iniziale che vado a dipingervi è proprio questo.

Scenario: Parigi.

Giorno 27 Novembre, dove in Italia si fa un gran baccano per la decadenza di un Senatore mentre qui si parla di lavoro, di vita, di famiglia ( per chi ce l’ha )  e di donne ( per chi non si rassegna al matrimonio ).

Il parigino, pensa al Natale, ai regali, alla crisi economica che morde, al Psg che é fortissimo con Ibra e al fatto che, per fortuna loro, si sentono sempre un po’ più “grandeur” di altri.

Il belga decanta le sue birre, le migliori del mondo per lui, ed è orgogliosamente fiero del fatto che parla, come la maggior parte dei belgi, indifferentemente francese ed inglese, poi, rivolgendosi a me dice: “Sto studiando italiano, amo l’Italia”.

L’inglese si lamenta che la moglie ha già preparato la lista dei regali di Natale: il primo, costosissimo, per lei e gli altri, non meno costosi, per i bambini, gli stessi bambini che vanno accompagnati per la consueta recita di Natale.

Il tedesco afferma di amare il suo Paese, di vivere benissimo e di essere orgoglioso di essere tedesco. Ama la sua città, Norimberga e i suoi concittadini.

Ciò che ho notato in ognuno di loro è che per qualsiasi tema, la politica non rappresentava il problema, tante questioni senza mai “buttarla in politica”.

E io lontano dai clamori di questo 27 novembre, respiro aria pulita e, per curiosità, aprendo le ultime notizie proveniente dal mio Paese, penso: “Io fin quando sono a Parigi, mi godo l’atmosfera internazionale, delle beghe di cortile me ne infischio”.

 

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